IL 33ENNE MARIO CRISCI FINISCE IN CARCERE CON UNA SERIE DI GRAVISSIME ACCUSE
E' RITENUTO A CAPO DI UNA "HOLDING DEL TERRORE" CHE AGIVA IN 5 REGIONI ITALIANE
POZZUOLI. Anche il ministro dell’interno Roberto Maroni e quello della Giustizia Angelino Alfano hanno rivolto il loro plauso alle forze dell’ordine per l’operazione che ha sgominato la “Holding del Terrore” al capo della quale c’era Mario Crisci, soprannominato “ o’ dottore, nato a Napoli ma cresciuto a Pozzuoli, dove per anni ha vissuto con la sua famiglia. Quella capeggiata dal 33enne era una grossa organizzazione mafiosa che aveva i suoi interessi al Nord e in altre regioni d’Italia. Il loro “lavoro”? Usura, estorsione, esercizio abusivo dell’attività di intermediazione finanziaria che nel corso del tempo sono stati perpetrati nei confronti di oltre 100 società. Prestavano soldi, per poi richiederli a tassi usurari, minacciando le vittime che non riuscivano a tener fede ai pagamenti. Minacce che si trasformavano in brutali pestaggi e in alcune occasioni anche in rapimenti. A sgominarla, i carabinieri di Vicenza e della Direzione Investigativa Antimafia di Padova coordinati dalla DDA di Vicenza che hanno eseguito 25 provvedimenti restrittivi in Veneto, Lombardia, Sardegna, Puglia e Campania. E proprio qui, nella sua abitazione di Castelvolturno, dove da qualche tempo viveva con moglie e figlie, che Mario Crisci, ritenuto dagli inquirenti al “vertice della piramide” che all’alba di giovedì è stato arrestato. Un maxi blitz che ha richiesto un notevole numero di uomini con oltre 300 carabinieri, militari della Dia appartenenti ai diversi comandi provinciali; e di mezzi, tra i quali anche 2 elicotteri e che ha visto anche l’impiego di 2 unità cinofile. Sequestrati assegni, cambiali e cessioni di credito aziendali degli usurati per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro, oltre
ad armi e munizionamento da guerra. Una grossa organizzazione mafiosa che, secondo gli inquirenti, era collegata al clan camorristico dei casalesi e che operava prevalentemente nel Nord Est d’Italia, oltre che in alcune regioni del centro e del Sud e che aveva tra le sue “vittime preferite” soprattutto gli imprenditori operanti nel settore dell’edilizia.
LE ATTIVITA' - Il lavoro del gruppo criminale consisteva nel reperire imprenditori titolari di piccole e medie aziende in difficoltà economiche, alle quali i malviventi andavano in “aiuto” prestando soldi. Il tutto, fatto attraverso una società cosiddetta “schermo”, nella fattispecie si trattava della “Aspide”, azienda di recupero crediti con sede principale a Padova. L’organizzazione capeggiata da Crisci aveva una propria organizzazione interna: oltre al capo, c’erano i “procacciatori” di aziende in difficoltà che una volta individuate venivano “contattate” dagli “emissari” del gruppo; le cosiddette “teste di legno” alle quali intestare beni; gli amministratori dell’organizzazione; i “bracci armati” cioè coloro che picchiavano le vittime e i “fedelissimi” di Crisci, da tutti conosciuto come “il dottore” che, stando ai riscontri investigativi sulla base di testimonianze e intercettazioni telefoniche, agiva in maniera “ spietata” nei confronti delle vittime. L’organizzazione prestava soldi a tassi usurari che in alcuni casi arrivavano anche al 180% annuo, fino a soffocarle. In questo modo gli imprenditori in difficoltà, che vedevano il loro debito aumentare anziché diminuire, erano costretti a dover cedere anche le proprie attività, oltre ai loro beni, tra i quali anche gli immobili. Ma il “lavoro” della Holding criminale non si limitava a questo: per creare un giro di “affari” sempre più grandi, mettevano gli stessi imprenditori in difficoltà e in debito con loro di procacciare a loro volta altri imprenditori in difficoltà, che successivamente sarebbero poi diventate loro vittime. Le quali, quando non riuscivano a rispettare le “scadenze” imposte dai criminali, venivano picchiate selvaggiamente. Gli imprenditori per saldare i loro debiti nella maggior parte dei casi venivano costretti a fare versamenti attraverso le “poste pay”, sistema attraverso il quale poi il gruppo criminale pagava gli stipendi agli affiliati destinando anche una parte di essi ad alcuni detenuti e alle loro famiglie affiliate alla camorra.
LA DENUCIA E LE INTERCETTAZIONI - A far emergere il tutto, la denuncia da parte di una delle vittime soffocata dagli strozzini, oltre alle intercettazioni telefoniche e ambientali. Dalle quali appunto è emersa la crudeltà oltre al ruolo di capo di Mario Crisci. Come nel caso che coinvolse un imprenditore il quale dopo essere stato già più volte malmenato implora al “dottore” di dargli qualche altro giorno di tempo per saldare il debito. Ma Crisci, oltre che ad alzare la “posta” davanti alla disperazione dell’uomo, invita i suoi a continuare a malmenare la vittima. Alla quale successivamente verrà rapito il padre 73enne anche lui a sua volta malmenato dallo stesso Crisci. O ancora il caso di un altro imprenditore al quale furono prestati 55 mila euro nel maggio 2010, diventati in 8 mesi ben 200 mila da restituire insieme a tre appartamenti nuovi. Ora i 25 indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso,usura, estorsione, esercizio abusivo dell’attività di intermediazione finanziaria, in danno di centinaia di imprenditori.