di Gennaro Del Giudice
sul "Roma" du sabato 16 aprile 2011
POZZUOLI. Una catena lo tiene legato al marciapiedi, lui immobile, nei suoi occhi la rabbia e la disperazione di chi non ha più niente. Da stasera insieme a sua moglie Emma e ai suoi due figli non avrà più un tetto dove dormire, la sua casa al primo piano è tra le 14 andate distrutte nell’incendio del 17 marzo. Ieri mattina Francesco Manduca, 66 anni, ha protestato insieme ad un’altra ventina di residenti della palazzina di via Domitiana novanta ad Arco Felice. “La solita indifferenza?” recitava lo striscione esposto sulla facciata annerita del palazzo, poi portato in strada, dove per 2 ore è andato avanti un sit-in pacifico ma “forte”. Parole e slogan indirizzate alle istituzioni, colpevoli di un “ingiustificato silenzio”. “Chiediamo assistenza, alloggi o la delibera della permanenza negli alberghi da domani, ci hanno bruciato le case e non abbiamo più niente” recitava un altro striscione. . Oggi scadrà l’ospitalità concessa dal comune di Pozzuoli che per 30 giorni ha messo a disposizione degli sfollati 3 alberghi della città. Circa 40mila euro per una quarantina di persone, soldi che andranno a gravare sul bilancio comunale. Ma di più non si è potuto fare, ora tutti fuori. Dieci famiglie hanno trovato una sistemazione, chi a casa di parenti, chi riuscendo a prendere in affitto un appartamenti. Per 4 famiglie niente da fare “Dormiremo in strada, in macchina, non lo so. Non abbiamo più niente” ripetono. In totale una sessantina di persone, scampate a quell’inferno di cristallo. Spaesati, privati di tutto, finiti da un momento all’altro in strada. Hanno protestato contro il silenzio delle istituzioni, ma anche della “politica”, contro i mancati aiuti da parte della Protezione Civile, Caritas e delle varie associazioni di volontariato presenti sul territorio. “Nessuno ci ha aiutati, nessuno si è interessato a noi. Abbiamo ricevuto solidarietà solo da parte della gente, dalle maestre della scuola di mia figlia che ci sono state vicine, hanno fatto una colletta per comprare i giocattoli” racconta Rosaria, sorella di Carmine Cacciapuoti, proprietario dell’omonimo mobilificio e del deposito cosparso da 50 litri di benzina e dato alle fiamme da due uomini incappucciati. Si cerca di risalire alla loro identità, all’auto che li avrebbe accompagnati e prima del rogo sarebbe andata via. Complici ma anche mandanti, chi è perché ha fatto tanto? Nessuna richiesta di racket, intimidazione o minaccia, Cacciapuoti continua a smentire. Senza vittime e mandanti accertati non potranno avere accesso al fondo per le “vittime del racket”. La palazzina era assicurata per la struttura, non per le suppellettili, per gli oggetti. Quindi tutti hanno perso tutto”Mio figlio Massimiliano conviveva con la fidanzata, si sarebbe dovuto sposare ad Ottobre, aveva aggiustato quella casa, comprato i mobili, ora non ha più niente” racconta una donna. In mattinata giungeva la notizia del dissequestro della palazzina, il pubblico ministero della Procura di Napoli Gloria Sanseverino che detiene il fascicolo d’indagine “ha ritenuto la struttura non utile alle indagine. Pertanto la settimana prossima dovrò nominare un tecnico che dovrà svolgere i rilievi strutturali” spiega Gennaro Mirata, amministratore palazzo di proprietà della “Steflin immobiliare” e custode giudiziario della struttura. “L’azienda ha sospeso i fitti, congelato i contratti e appena sarà possibile è intenzionata ad aggiustare il palazzo per permettere ai condomini di tornare”. Finalmente una buona notizia, dopo tanto.
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