sabato 9 ottobre 2010

SI RIBELLANO GLI IMMIGRATI: NON SIAMO I VOSTRI SCHIAVI

CLAMOROSA PROTESTA CONTRO IL "CAPORALATO"
CENTINAIA DI IMMIGRATI, ANCHE IRREGOLARI, IN STRADA CONTRO LO SFRUTTAMENTO: "LAVORIAMO ANCHE 13 ORE AL GIORNO PER 25 EURO"
di Gennaro Del Giudice
pubblicato su "Roma" e "Corriere Flegreo" sabato 9 ottobre 2010

POZZUOLI/LICOLA. Hanno incrociato le braccia anche loro, per dire “basta”. Nonostante alcuni siano immigrati irregolari, nonostante abbiano perso la giornata di lavoro, nonostante che da domani potrebbero non lavorare più, nonostante tutto. Una protesta che sembra non avere precedenti: non gli operai della Fiat, né tantomeno Lsu o disoccupati, ma a protestare sono gli extracomunitari, per un lavoro regolare, per dire “basta al caporalato”. Ogni giorno dalle 5,30 del mattino li vediamo agli incroci, il loro sguardo rivolto nelle auto che in transito, attendono un cenno con la testa. Portati nei campi per la raccolta di frutta e pomodori, nei cantieri per i lavori edili, nei magazzini, 25 euro la paga giornaliera, per 9-10 ore di lavoro che spesso arrivano anche a 12-13. Un mercato del lavoro “invisibile”, loro clandestini che non possono denunciare, persone che “non esistono” nel nostro paese. Senza diritti. Ieri sembravano materializzate quelle sagome, avevano una voce, urlavano rabbia. Centinaia, come ogni mattina, dal solito orario, ore 5,30 in punto, con appeso al collo un cartello: “Oggi non lavoro per meno di 50 euro”. La mobilitazione lanciata dal movimento Migranti e rifugiati e dal coordinamento antirazzista, si è svolta ai soliti incroci: Licola, Quarto, Pianura, Giugliano, Castelvolturno, Casal di Principe, Villa Literno, Baia Verde, Qualiano, Afragola, Arzano, Scampia, Caivano, Melito, in concomitanza. E le facce meravigliate dei “caporali” che anziché trovare manodopera disponibile, si sono ritrovati la provocatoria richiesta. “Contro il califfo ground” spiegano gli angeli custodi, i volontari delle associazioni che hanno accompagnato la protesta ieri mattina all’esterno dei depuratori di Cuma Licola, in via dei Platani, tra i maggiori punti di “raccolta” quotidiana di manovalanza. In centinaia, giovani immigrati di colore, una manifestazione civile, discreta, silenziosa. La maggior parte di loro provengono dall’Africa, Ghana, Burkina Faso, Congo, ma ci sono anche indiani, pakistani. Sono tutti uniti, “Nessuno” assicurano “stamattina ha accettato di lavorare e lo stesso sarà domani, per la grande mobilitazione prevista a Caserta, dove alle 10 è previsto un corteo che partirà dalla stazione”. L’esasperazione li ha portati a tanto, a decidere di non guadagnare per 2 giorni, spesso gli unici di lavoro in una settimana. Dopo ieri rischiano di non lavorare più, i caporali potrebbero “incattivirsi”, rischiano di vedere sfumata l’unica fonte di sostentamento. “Se non lavori bene io non ti pago” è la minaccia, e l’ossessione di finire la giornata a mani vuote, dopo 12 ore sotto al sole o ad alzare i mattoni. David Kindom ha 42 anni, solitamente lavora come operaio edile, in Ghana suo paese natale ha lasciato due figli e la moglie, è in Italia per mandare loro soldi “Lavoro in media 2 giorni a settimana, 10 ore per 25 euro, mentre lavoro mi viene detto “devi lavorare bene se no non ti pago e poi non ti faccio lavorare più” racconta le minacce da parte dei caporali. Mentre David racconta la sua storia, un altro extracomunitario ci chiede di parlare. Boni Benisa ha 22 anni, fa il muratore, racconta della fatica che quotidianamente è chiamato ad affrontare. La sveglia prima dell’alba, prendere posizione all’incrocio, l’attesa speranzosa di una chiamata dal “caporale di turno”. “Ti alzi alle 4, arrivi qua aspetti, spesso nessuno ti prende, stai fino alle 11 poi rimani senza lavoro” racconta la nuova schiavitù. Nessuna tensione, dissidi, paure, ieri mattina una protesta pacifica. C’è chi nemmeno si rende conto che quella in corso è una manifestazione, forse abituati a vederne tanti tutti i giorni. Le auto che transitano, i conducenti che si affacciano, sorridono quando gli extracomunitari mostrano i cartelli. “Non lavoro per meno di 50 euro” e qualcuno esclama “Beati voi, nemmeno noi che siamo italiani guadagniamo tanto al giorno” Ma la loro è solo una provocazione per chiedere più rispetto, attenzione da parte delle autorità italiane. Jongo ha 33 anni, è del Burkina Faso, lì ha lasciato moglie e la figlioletta, lui vive a Castelvolturno insieme ad altri 3 amici. Una casa per 4, fatiscente, per la quale pagano 200 euro a al mese “Che casa possono dare a noi immigrati? Possiamo mica aspirare ad avere una casa come la vostra, anche se la paghiamo. Io guadagno in media 50 euro a settimana, faccio 2 giorni di lavoro, a volte capita di farne 4 ma anche zero, per tanto tempo. Spesso mi è capitato di lavorare nelle campagne per la raccolta delle patate, dei pomodori, faccio 13 per al giorno sempre per 25 euro”. Tante storie di vita che si intrecciano in una mattinata diversa dalle altre, con quelle persone fino a 24 ore fa “invisibili” ieri protagoniste, almeno per un giorno.

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